Congedi per le donne vittime di violenza lavoratrici
Lo sapevate che chi ha subito o subisce violenza domestica ha dei diritti? A volte alcune domande possono sembrare retoriche, ma io non darei tutto per scontato quando si parla di violenza e/o abuso sulle donne. Molto spesso, infatti, la vittima ha la mente “offuscata” dall’effetto della reiterata violenza, principalmente psicologica e non riesce a riconoscersi come “soggetto avente diritto”, non parlo in termini legali, anche se in concreto di questo si parla, ma mi riferisco alla condizione psicologica in cui una persona non si riconosce come essere umano che in quanto tale deve vivere o cercare di raggiungere un equilibrio di benessere psico-fisico mediamente dignitoso. Questo è il motivo per cui oltre all’intervento dell’assistente sociale e dello psicologo, nel centro anti violenza risulta indispensabile la figura dell’avvocato.
Per questo motivo riporto alcuni articoli del diritto del lavoro molto interessanti, che sono stati appositamente redatti per le donne che necessitano di lavorare, per mandare avanti la famiglia, in presenza di un riconoscimento da parte delle autorità competenti dello stato di “vittima di violenza” . Molto spesso la soluzione migliore sarebbe quella di allontanare la donna dal contesto di violenza ma si presenta la problematica della frequentazione del posto di lavoro che può essere occasione di aggressioni o continuazione di stalking e minacce: il diritto prevede la possibilità di un trasferimento della sede di lavoro, prevede congedi sia per il pubblico che privato, che possono essere utilizzati durante un allontanamento in una sede segreta. Sonon possibili anche orari e variazioni di turni per agevolare la gestione familiare.
Non mi dilungo nella mia trattazione e riporto di seguito gli articoli che parlano dei diritti delle donne vittime di violenza lavoratrici. Buona lettura!
D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80 (1).
Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 giugno 2015, n. 144, S.O.
Art. 24. Congedo per le donne vittime di violenza di genere
- La dipendente di datore di lavoro pubblicoo privato, con esclusione del lavoro domestico, inserita nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza o dai centri antiviolenza o dalle case rifugio di cui all’articolo 5-bis decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, ha il diritto di astenersi dal lavoro per motivi connessi al suddetto percorso di protezione per un periodo massimo di tre mesi.
- Le lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativainserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del Comune di residenza o dai Centri antiviolenza o dalle Case rifugio di cui all’articolo 5-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per motivi connessi allo svolgimento del percorso di protezione, per il periodo corrispondente all’astensione, la cui durata non può essere superiore a tre mesi.
- Ai fini dell’esercizio del diritto di cui al presente articolo, la lavoratrice, salvo casi di oggettiva impossibilità, è tenuta a preavvisare il datore di lavoro o il committente con un termine di preavviso non inferiore a sette giorni, con l’indicazione dell’inizio e della fine del periodo di congedo e a produrre la certificazione di cui ai commi 1 e 2.
- Durante il periodo di congedo, la lavoratrice ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa. L’indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l’importo dell’indennità dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti all’ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista l’assicurazione per le prestazioni di maternità, l’indennità di cui al presente comma è corrisposta con le modalità di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33. Tale periodo è computato ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, nonché ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.
- Il congedo di cui al comma 1 può essere usufruito su base oraria o giornaliera nell’arco temporale di tre anni secondo quanto previsto da successivi accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, delle modalità di fruizione del congedo, la dipendente può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo.
- La lavoratrice di cui al comma 1 ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove disponibili in organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.
- Restano in ogni caso salve disposizioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva.
Il CCNL Funzioni centrali 2016/2018
Art. 36,
- La lavoratrice, inserita nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati, ai sensi dell’art. 24 del d. lgs. n. 80/2015, ha diritto ad astenersi dal lavoro, per motivi connessi a tali percorsi, per un periodo massimo di congedo di 90 giorni lavorativi, da fruire nell’arco temporale di tre anni, decorrenti dalla data di inizio del percorso di protezione certificato.
- Salvo i casi di oggettiva impossibilità, la dipendente che intenda fruire del congedo in parola è tenuta a farne richiesta scritta al datore di lavoro – corredata della certificazione attestante l’inserimento nel percorso di protezione di cui al comma 1 – con un preavviso non inferiore a sette giorni di calendario e con l’indicazione dell’inizio e della fine del relativo periodo.
- Il trattamento economico spettante alla lavoratrice è quello previsto per il congedo di maternità, dall’art. 44 del presente contratto.
N.B. INPS Circolare n. 65/2016
Un mese di congedo equivale a 30 giornate di astensione effettiva dal lavoro.
Si precisa che il congedo non è fruibile né indennizzabile nei giorni in cui non vi è obbligo di prestare attività lavorativa quali, ad esempio, giorni festivi non lavorativi, periodi di aspettativa o di sospensione dell’attività lavorativa, pause contrattuali nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto. Quindi se la lavoratrice, ad esempio, ha un’attività di lavoro su 5 giorni lavorativi, ed indica un periodo di congedo per due settimane continuative dal lunedì della prima settimana al venerdì della seconda, il sabato e la domenica inclusi tra le due settimane non vanno conteggiati né indennizzati a titolo di congedo vittima di violenza di genere.
Per le giornate di congedo la lavoratrice ha diritto a percepire una indennità giornaliera, pari al 100% dell’ultima retribuzione da calcolare prendendo a riferimento le sole voci fisse e continuative della retribuzione stessa.
- Il periodo di cui ai commi precedenti è computato ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, non riduce le ferie ed è utile ai fini della tredicesima mensilità.
- La lavoratrice può scegliere di fruire del congedo su base oraria o giornaliera nell’ambito dell’arco temporale di cui al comma 1. La fruizione su base oraria avviene in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del mese immediatamente precedente a quello in cui ha inizio il congedo.
- La dipendente ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, secondo quanto previsto dall’art. 58 del presente contratto. Il rapporto a tempo parziale è nuovamente trasformato in rapporto di lavoro a tempo pieno, a richiesta della lavoratrice.
- La dipendente vittima di violenza di genere inserita in specifici percorsi di protezione di cui al comma 1, può presentare domanda di trasferimento ad altra amministrazione pubblica ubicata in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all’amministrazione di appartenenza. Entro quindici giorni dalla suddetta comunicazione l’amministrazione di appartenenza dispone il trasferimento presso l’amministrazione indicata dalla dipendente, ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua area o categoria.
- I congedi di cui al presente comma possono essere cumulati con l’aspettativa per motivi personali e familiari di cui all’art. 40 per un periodo di ulteriori trenta giorni. Le amministrazioni, ove non ostino specifiche esigenze di servizio, agevolano la concessione dell’aspettativa, anche in deroga alle previsioni dell’art. 43, comma 1 (Norme comuni sulle aspettative).
Commento dello psicologo
La rabbia, come la paura, è un’emozione molto importante che si presenta quando si percepisce che vengono oltrepassati i propri confini. Ci sono molte ragioni per cui si potrebbe sentire la rabbia: per esempio, se ci si sente minacciate da qualcosa di dannoso, se i propri diritti non sono rispettati o se si prova una grave ingiustizia. La rabbia è un’emozione potente che può portare ad azioni positive, ma che può anche mettere a rischio. Una volta che il concetto di confini personali è diventato più chiaro, dopo il percorso di supporto psicologico, le donne possono iniziare a lavorare sul raggiungimento di confini sani. Seguendo queste fasi:
- far valere i propri diritti;
- aumentare l’autostima;
- essere in contatto con i propri sentimenti e bisogni;
- decidere dove fissare dei confini sulla base dei diritti e dei bisogni;
- sviluppare delle tecniche di assertività per riuscire a mantenere i confini;
- comprendere le proprie modalità di controllare gli eventi e imparare a lasciarsi andare;
- sviluppare relazioni mature e paritetiche;
- sviluppare gradualmente fiducia in se stesse e negli altri.
E’ importante considerare l’idea che a volte può essere necessario pagare un prezzo per fissare dei confini chiari. E’ necessario valutare le conseguenze di alcune decisioni scegliendo le battaglie con attenzione.
Lascio di seguito la Carta dei Diritti, che le donne del Centro Anti Violenza Ambito S2 dell’associazione Frida per le donne contro la violenza di genere, con sede in Cava de’Tirreni imparano a tenere sempre in mente durante il percorso di supporto psicologico e nei gruppi di auto e mutuo aiuto.
La mia Carta dei Diritti
Ho il diritto di dire no
Ho il diritto di non essere maltrattata
Ho il diritto di esprimere rabbia
Ho il diritto di cambiare la mia vita
Ho il diritto di essere libera dalla paura
Ho il diritto di chiedere e aspettarmi assistenza dalla polizia e dai servizi sociali.
Ho il diritto di volere un modello migliore di comunicazione con i miei figli
Ho il diritto di far vivere i miei figli in condizioni di sicurezza
Ho il diritto di essere trattata da adulto e con rispetto
Ho il diritto di lasciare l’ambiente violento
Ho il diritto di essere al sicuro
Ho il diritto alla privacy
Ho il diritto di sviluppare i miei talenti e abilità
Ho il diritto di perseguire e ottenere la protezione attraverso la legge
Ho il diritto di guadagnare e di controllare le mie finanze
Ho il diritto di prendere le mie decisioni per la mia vita
Ho il diritto di cambiare idea
Ho il diritto di essere creduta e valorizzata
Ho il diritto di fare errori
Ho il diritto di non essere perfetta
Ho il diritto di amare e di essere ricambiata
Ho il diritto di mettere me stessa al primo posto
Ho il diritto di essere me stessa
Grazie per l’attenzione.
M.A.C.